Rispolvero un vecchio classico, che non passa mai di moda
“Artista, e per vivere che lavoro fai?“
Il CONTADINO, al mattino, guardando fuori dalla finestra per capire se il tempo mi consentirà di uscire e andare in piazza
La PSICOLOGA, mentre eseguo un’accurata autovalutazione: sono in grado di affrontare la strada oggi? Di resistere all’attesa, di sorridere qualunque cosa accada, di accogliere l’indifferenza come l’attenzione, la fatica come la gratificazione, di saper aspettare ricordando che non so cosa appartiene al minuto che segue il precedente? Di dire, anzi, sapere sempre “grazie”? Sono in grado di ascoltare?
Il FACCHINO, montando bici e carretto, caricando, pedalando con 40kg di zavorra, allestendo il tutto in coerenti tacchi alti.
La LETTRICE, per tutto il tempo che il mio “capo” ritiene necessario resti in “ufficio”.
L’EQUILIBRISTA, ogni minuto, sbilanciandomi sul vuoto fra me e la persona che, a pochi metri, sembra si stia a sua volta sbilanciando per raggiungermi. Un attimo, per entrambi, per decidere se incontrarci in quello spazio sospeso.
Nuovamente il FACCHINO, tornando a casa a mezza velocità.
Il CONTABILE, che suddivide i proventi della giornata e li distribuisce fra i creditori, recepisce lamentazioni, si esibisce in elaborati esercizi di finanza creativa e moltiplicazione biblica.
Lo CHEF ardito, capace di cucinare fondi di dispensa e centesimi, allestendo una cena per due.
Infine l’ARTISTA, che cerca come può di tenere il filo di ciò che accade. Che è sempre troppo per poterlo dire, ma è facile da trasformare in una storia da raccontarvi per sentirsi ancora dire: “Artista? Bello! E per vivere, che lavoro fai?”
nota 1: poi ci sarebbero anche i Festival, e quindi contratti, fatture, commercialista, tasse, conti… ma quella è la vacanza, che ve lo dico a fare
nota 2: con variazioni su contenuto di carretto e bagagli, grossomodo le stesse considerazioni valgono per quasi tutti i miei colleghi d’ #ufficioinstrada. Quando incontrate un Artista di Strada, fateCi caso.