L’annuale statistica sulle abitudini di lettura ha prodotto il consueto profluvio di considerazioni e opinioni su lettori, scrittori, editori, mercato, marketing e chi più ne ha più ne metta. Tutti a cercare un colpevole. Tutti a rimarcare differenze e sciorinare certezze.
Nel piccolo della mia pratica di Lettrice anomala, vi offro la mia esperienza.
Mi dico anomala, perché io stessa sono incuriosita dal procedimento singolare che opero nei confronti della letteratura. Potrei paragonarmi a uno di quei cercatori del Klondike. China con un setaccio, sulla riva di un fiume, a cercare pietruzze. Non in una miniera, sperando di incontrare la vena una volta per tutte, bensì pazientemente filtrando acqua e sabbia per estrarre sassolini. Può capitare di trovare una pagliuzza d’oro, che gioia. Ma non scarto quarzi, pirite, minerali bizzarri e rocce dalle forme inconsuete e origini misteriose. Ho la fortuna di avere un setaccio efficiente, costruito e modificato con perizia e la collaborazione di altri professionisti capaci, quindi la sabbia inutile scivola via facilmente. Non me ne curo. Non ne misuro il peso, la quantità, la fatica. So che il greto del fiume è composto in gran parte da quella. Il mio lavoro è raccoglierla e lasciarla andare. La mia attenzione, sempre viva, è su altra sostanza. Anche in palate grossolane e pesanti, che altri scarterebbero, il mio occhio scorge quel frammento anomalo, quell’intuizione feconda che, aggiunta alla mia collezione, può moltiplicare le possibilità di relazione.
Sì, perché, uscendo dalla metafora, le pagine e le idee che estraggo dai libri che leggo, formano un campionario formidabile di suggestioni per comunicare con il mondo esterno. A volte, anche in un libro non eccezionale, ma onesto, si nasconde quel punto di vista che mancava, quell’unica idea che perfettamente si accoppia con la domanda della persona che mi aspetta. Riempio librerie e scatole di soggetti e angoli della mia mente con i tesori che sono stati nascosti fra le pagine. Un lavoro di pazienza, il mio, premiato sia dal libro eccezionale che da quello imperfetto, se entrambi, lo ripeto, frutto onesto di una ricerca e del dono di qualcosa che prima non c’era.
Questo è il mio lavoro, anomalo, che dà un senso al mio leggere senza che debba pormi la domanda.
Dunque, forse, dal mio punto di vista, ogni polemica è inutile. Conviene forse allargare l’orizzonte sull’uso che si fa della pagina (nel produrla, nel diffonderla, nell’assumerla), valorizzandola e assumendosene la responsabilità, ognuno nel suo ruolo, ognuno per sé. Prima di decidere come modificare il senso che ha per altri. Così, credo, le si fa il miglior servizio e si produce, senza accorgersi, il cambiamento.