Diario: svegliarsi di/versi

Ho delle amiche. È una bella cosa. Capita che si chiacchieri, della vita, delle cose. Si parla e si maneggiano le parole. Si presta attenzione alle parole. Magari le si scrive, si gioca, tra un messaggio e l’altro, e giocando viene in mente una pagina, una poesia, un passaggio.
“Vado a prendere il libro e ti mando un messaggio vocale… Oh, troppo lungo per il minuto concesso dal Messanger… Allora Skype?… Lavori, rimandiamo… Adesso ho la figlia… Ti faccio un video?”.
Ridiamo, scrivendo sms o messaggi sul cellulare, del fatto che non sappiamo più immaginare il telefono per quello che è: uno strumento per chiamarsi e parlarsi, bon.
Passa ‘nuttata. Mi sveglio. Vedo il libro abbandonato sul tavolo.
Nuovo sms: “Buongiorno, se vuoi la tua poesia prima di andare a lavorare, chiamami”
Io ho delle persone, tante, amiche di lungo corso o transiti fugaci, con cui parlo attraverso le parole di altri.
Le mie giornate cambiano verso perché ogni conversazione, sorprendentemente, aggiunge un verso.
È una fortuna, per noi che ci stiamo parlando.

Parla con me.

Nota 1: implicita dedica con ringraziamento a Giulia Crisci
Nota 2: la poesia mattutina, emersa dalla conversazione, è Scusa se qualcuno questo lo chiama amore e io invece lo chiamo ‘era meglio avere del tonno’ di Arsenio Bravuomo (Miraggi Ed.)

arsenio

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